Ritorno al futuro… del marketing!
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Ritorno al futuro… del marketing!

Oggi facciamo un salto nel futuro del marketing. Di recente, Hubspot ha pubblicato un paper molto interessante dal nome “The Future Of Marketing”. Il paper ha lo scopo di indagare cosa succederà nel marketing nei prossimi anni e quali saranno i trend su cui le agenzie e le aziende dovranno puntare maggiormente.

Predire e capire quali saranno nel futuro i principali canali, i comportamenti di acquisto, le tecnologie che si faranno spazio ci permetterebbe senza dubbio di comprendere meglio la nostra target audience e di budgetizzare gli investimenti in maniera più accurata. Questo è purtroppo impossibile: il mondo avanza velocemente ed a volte irrompono sullo scenario tecnologie che sono delle vere e proprie innovazioni breakthrough (ossia di rottura rispetto al passato). Possiamo però identificare alcuni trend che sicuramente troveranno, in diverse forme e luoghi, spazio nel prossimo futuro:

  1. Data-driven
  2. Personalized
  3. Integrated
  4. Native
  5. Mobile

Data-driven: i dati alla base di tutto

Recenti ricerche rivelano che una delle sfide più difficili con cui i manager di oggi si stanno interfacciando è la misurazione del ROI delle attività di marketing (fonte State of Inbound). Per questo motivo, la disponibilità, l’utilizzo e l’effettiva comprensione dei dati diventano un aspetto sempre più importante nel business.

Ad oggi, le aziende si stanno orientando verso una visione sempre più scientifica e “quantitativa” del marketing. Gli strumenti e le tecnologie digitali ci propongono una quantità di dati infinita: possiamo arrivare a tracciare quasi tutti gli aspetti di una campagna ADV che gira on line. Questo è totalmente in antitesi con il marketing e l’ADV vecchio stampo connotati da una forte incertezza a livello di misurazione e di monitoraggio, e ci impone di definire in fase strategica quali sono i KPI (Key Performance Indicator) da tener sotto controllo per il nostro business.

Ma non solo: dobbiamo essere proattivi nel monitoraggio di tutto quello che facciamo (a livello di comunicazione e marketing) ed essere pronti a mettere in atto strategie ed azioni correttive. I benefici? Conoscere i nostri clienti, comprendere il loro funnel di acquisto, e di conseguenza essere più efficaci.

Personalized: “a ciascuno il suo”

Il 74% delle persone che navigano in rete si sentono frustate perché interagiscono con siti che propongono contenuti assolutamente non in linea con i loro interessi e le loro esigenze (fonte Janrain). In un mondo in cui i servizi vengono proposti sempre più in base agli acquisti fatti in precedenza o agli interessi rilevati, l’approccio standardizzato è oggettivamente in declino.

Chiaro è che l’intento della personalizzazione non è quello di mostrare agli utenti tutti i loro dati personali in nostro possesso, ma quello di utilizzare questi dati per proporre contenuti, pubblicitari e non, che riflettono i loro interessi e che possibilmente anticipano quelle che saranno le loro future esigenze.

Cosa possiamo personalizzare? Non solo le e-mail ovviamente, ma anche le landing page, l’ADV, i form e via dicendo. Come possiamo capire chi abbiamo davanti? Tutto nasce dal creare le personas, ossia rappresentazioni di clienti immaginari (ma realisti) in cui andiamo ad identificare le caratteristiche chiave, le preferenze, gli obiettivi e le paure di questi ultimi. I benefici? Riuscire a offrire il contenuto più adatto ai nostri clienti.

Integrated: perché il tutto non è la semplice somma delle parti

In azienda spesso abbiamo una molteplicità di strumenti, di programmi e di professionisti che non dialogano fra loro. Questa è una delle sfide che ci aspetterà nei prossimi anni: rendere l’azienda un sistema veramente integrato e olistico, in grado di recepire dati, raccoglierli, analizzarli e riutilizzarli nell’ambito del marketing e della customer care, senza confini tra reparti e funzioni. Con unico scopo: quello della comprensione e della relazione con i nostri clienti.

La mancanza di un’integrazione si nota spesso nelle divisioni marketing. Quante volte le aziende si ritrovano a gestire mille interlocutori, con il rischio che ciascuno comunichi e agisca in modo diverso? Pensiamo al marketing, alla creatività, alla grafica, all’IT, ai social media, all’ADV, alla gestione del sito, oppure ancora alla customer care legata ai social media. Cosa succederebbe se fosse un unico interlocutore a gestire tutta la filiera, nell’ottica di risparmiare tempo e costi e guadagnare coerenza e sinergie? È vero, le grandi aziende lo fanno già. Ma non potrebbe essere un percorso auspicabile per tutti?

Native: non ci scuseremo più per il disturbo

È stato stimato che la pubblicità nativa raggiungerà nel 2015 gli 11 miliardi di dollari e nel 2017 sfiorerà il tetto dei 18. Ma di cosa si tratta veramente?

Wikipedia ci viene in soccorso con la sua definizione: “Native advertising è una forma di advertising online che assume l’aspetto dei contenuti del sito sul quale è ospitata, cercando di generare interesse negli utenti. L’obiettivo è riprodurre l’esperienza utente del contesto in cui è posizionata, sia nell’aspetto che nel contenuto. Al contrario della pubblicità tradizionale che distrae il lettore dal contenuto per comunicare un messaggio di marketing, il native advertising cala completamente la pubblicità all’interno di un contesto senza interrompere l’attività degli utenti, poiché assume le medesime sembianze del contenuto, diventandone parte, amplificandone il significato e catturando l’attenzione del consumatore.” (per ulteriori info: https://it.wikipedia.org/wiki/Native_advertising)

La pubblicità nativa è senza dubbio in linea con i tempi in cui viviamo. Lo sviluppo dei social media, infatti, ha modificato profondamente il rapporto tra consumatori e brand, posizionandolo in ottica di “conversazioni” e rendendo nei fatti spesso inefficace il cosiddetto interruption marketing. Questo è legato anche all’avanzamento degli ad blocker e dei plugin anti banner per mobile (se vuoi saperne di più: http://www.minimarketing.it/2015/08/il-web-senza-banner-e-cookie.html), che rendono la pubblicità tradizionale ancora più complicata!

Esempi di pubblicità nativa? I post sponsorizzati su Facebook, i tweet sponsorizzati su Twitter, gli articoli sui principali quotidiani on line contraddistinti dalla dicitura “sponsored by” o “paid post”.

Mobile: sempre insieme!

Sappiamo che ad aprile 2015 il gigante Google ha inserito il “mobile friendly” tra gli elementi dell’algoritmo che vanno a decretare il ranking dei siti web nella SERP (la pagina dei risultati di ricerca). Il tema legato all’utilizzo dei siti web da mobile (quindi sia smartphone che tablet) è quindi di assoluta rilevanza.

Le aziende dovranno sempre più occuparsi della loro presenza mobile, e non ci dovremo solamente chiedere “se il nostro sito web si vede bene da mobile”, ma soprattutto se l’esperienza dell’utente è garantita nei suoi aspetti fondamentali. Consideriamo che esistono una moltitudine di device mobili, e che tale esperienza deve essere garantita in tutti questi dispositivi. E in futuro, inoltre, non avremo solamente smartphone e tablet, ma verosimilmente disporremo anche di wearables (ad esempio, i Google Glass e l’Apple Watch), smart tv, e via dicendo!

Con l’avvento di internet, le aziende hanno l’opportunità di entrare in contatto con i clienti attraverso una varietà di media e di tecnologie prima impensabili. Ma in quanti la sfruttano davvero?